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StreetUrban Art Photography

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Toxicómano

E’ ora di punta e il traffico a Chapinero, uno dei quartieri più popolati di Bogotà, non si muove di un millimetro. Toxicómano è nato e cresciuto in città, ed io continuo a chiedermi come mai tra tutti i posti che conosce ha fissato un appuntamento proprio in una libreria.
Apro la porta della Valija de Fuego: musica punk gracchia costantemente dagli altoparlanti, sugli scaffali non ci sono best-seller ma libri anarchici e di filosofia. Una libreria indipendente che unisce letteratura, arte, vini e musica.

Ci sediamo fuori al sole e gli dico che in questi giorni ho camminato a lungo per le strade di Bogotà. A differenza di tutti gli altri posti che ho visitato, sembra che la città sia interamente invasa dai graffiti. Ho imparato inoltre che il sindaco attualmente in carica è contrario a questo fenomeno, per cui sono state organizzate vere e proprie squadre che hanno l’ordine di ripulire i muri quotidianamente.
«E’ vero quello che dici ma la cosa magica di Bogotà è che vai e fai quello che vuoi. [ride]
Gli artworks non sono concentrati in zone specifiche della città e ciò può portare a credere che il fenomeno sia tollerato, in realtà non è proprio così semplice. La maggior parte degli artisti si muove in autonomia, cercando costantemente opportunità e nuovi muri da dipingere. Tra di noi c’è molta solidarietà e rispetto: se arrivi su un muro prima degli altri o hai avuto problemi con le forze dell’ordine non avrai ulteriori guai coi colleghi. Sono rari i casi in cui viene chiesto il permesso ai proprietari di una casa, perché qui le leggi non lo permettono e potrebbero essere loro stessi ad incorrere in sanzioni. Onestamente è meglio andare e iniziare a dipingere. Quando arriva qualcuno a controllare cerchiamo sempre un dialogo, mostriamo il nostro progetto e ne parliamo insieme. A volte va bene, ci offrono caffè o cibo e scambiamo opinioni sul lavoro. In altri casi, invece, se non smettiamo immediatamente potrebbero chiamare la polizia…»

Polizia colombiana. A quel punto, cosa succede?
«Vogliono soldi. Non sono interessati a quello che facciamo, per loro è solo un’opportunità per ottenere denaro. Cercano di spaventarci in ogni modo, minacciando anche la prigione. Secondo la legge dovrebbero fare solo un verbale, ma la verità è che intascano soldi e a volte anche i nostri materiali. Più raramente è capitato anche che la polizia, una volta arrivata, si sia congratulata per il lavoro svolto. E’ più facile riuscire a dipingere nelle zone a sud della città, le persone sono più amichevoli e di mentalità aperta. I quartieri a nord, invece, sono benestanti e ci sono maggiori controlli, più sicurezza privata, più cani e telecamere.»

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© Robby Rent,
Bogotà (COL), 2018

Dalle storie che ho letto, qualche anno fa il rischio nei confronti della polizia era maggiore. Come si è evoluta la situazione?
«Assolutamente sì. Il periodo peggiore è stato a partire dal 2004, quando ancora si vedeva poca arte per strada e la polizia non sapeva come comportarsi. Tu stavi in un posto a dipingere e capitava o che ti scambiassero per un ladro o che pensassero che stessi commettendo qualcosa di illegale. Sono tornato a casa più volte aggredito e con la mia stessa vernice spruzzata su tutto il corpo. Nel 2011 le cose hanno toccato il fondo: un poliziotto ha ucciso con due colpi alle spalle Diego Felipe Becerra, un ragazzino di soli 16 anni, mentre dipingeva un ponte pedonale a due passi da casa. La città ha ottenuto una depenalizzazione per i reati legati ai graffiti anche se, come dicevo prima, c’è molta autonomia di azione. Il poliziotto che ha ucciso il ragazzo, condannato a 37 anni di carcere, è sparito ed è tutt’ora latitante…»

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© Robby Rent,
Av. Boyacá & Cl.116 Bridge
Bogotá (COL), 2018

Supponiamo che domani ti squilli il telefono due volte. La prima, qualcuno ti offre un lavoro commissionato, ti affidano un muro e tutto il tempo necessario ma devi stare alle loro idee. La seconda telefonata è un tuo amico che ti dice: ‘questa notte è nostra, cerchiamo un muro e facciamo quello che vogliamo’. A quale dei due rispondi muy bien?
«Se ho tempo ed energie sufficienti provo a fare entrambi! [ride]
A parte gli scherzi, questo tipo di arte si evolve molto velocemente. Nel secondo caso si parla di street art: impieghi il tuo tempo, acquisti i materiali con i tuoi soldi, rischi la vita perché fai qualcosa senza esserne autorizzato, ma hai molti più stimoli e piena libertà di azione. Nel primo caso, invece, si tratta di muralismo: fai la stessa cosa, ma con modalità opposte. Hai degli sponsor che finanziano i materiali, un muro dove lavorare indisturbato per tutto il tempo che vuoi e alla fine ricevi anche un compenso. Per risponderti, sceglierei l’avventura notturna. In strada ho mille opportunità perché può succedere di tutto e sono libero di decidere cosa fare e cosa non fare. Il tempo trascorso in questo modo lo reputo migliore. Trovo che la strada sia un luogo molto potente per diffondere un’idea, pensa ad esempio alla pubblicità che ci circonda ovunque. Così per me, come per gli altri artisti, è un’occasione per dire qualcosa in maniera concreta. Poi molti fanno foto, tanti ne scrivono, altra gente è ispirata per creare qualcosa, alcuni realizzano progetti sociali; è tutta gente che la pensa come noi e la strada in questo caso serve per coinvolgere e unire persone.»

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© Robby Rent,
Bogotà (COL), 2018

Concentriamoci ora su di te. Quando e come nasce Toxicómano?
«Ormai sono passati davvero tanti anni! [ride]
Nel 2003 ho ideato e disegnato una fanzine assieme ad un gruppo di amici, devo dire venuta anche piuttosto bene. Una volta portata a termine ci siamo detti: ora qui dobbiamo metterci una firma. Nello stesso momento la tv era accesa su un programma spagnolo e mi ricordo un paio di signore molto benestanti. Una di loro ha detto ‘io odio i toxicómanos‘ indicando un gruppo di persone in strada. Li abbiamo osservati bene: ragazzi dall’aspetto amichevole che si facevano i fatti loro tranquilli, alcuni fumavano erba senza disturbare nessuno. Ci siamo guardati e abbiamo esclamato: ‘hey, ma siamo uguali!’. Da lì è nato il collettivo Toxicómano Callejero [tossico di strada]. Inoltre ci piaceva molto il suono della parola e, cosa ancora più importante, questo termine è usato solo in Spagna, qui in Colombia utilizziamo altre espressioni perciò non è ben compreso.»

Questo tuo pezzo che ho visto a Miami riprende la domanda più difficile del momento: è arte o vandalismo?
[ride]
«Difficile da dire. La risposta è: entrambi.
É sempre la stessa domanda, ripetuta continuamente. Arte o vandalismo? Sono un artista o sono un vandalo? Dovremmo fare un passo in avanti e cambiare prospettiva. Vedi? Loro continuano a dibattere, sono come una macchina che corre a folle velocità, incurante di quello che le succede intorno. Credo che i graffiti siano un mix di entrambe.
Oppure nessuna delle due: i graffiti sono graffiti. [ride].
Questo stencil che ho realizzato a Wynwood è molto semplice ed è ispirato a Marcel Duchamp, inventore del ready-made. Lui decontestualizzava un oggetto quotidiano collocandolo in un altro ambito, trasformandolo così in arte. Io ho preso un fumetto famoso, introdotto il tema nella discussione e targato la macchina Tales From Graffiti. Questo è quanto.»

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© Robby Rent,
Wynwood - Miami (USA), 2018

Questo stencil invece a Santa Fe dice: ‘Messaggio per le persone di bell’aspetto. Noi brutti siamo di più’.
«Proprio così. Tutto il mio lavoro è influenzato dalla cultura punk, qui in particolare dai Siniestro Total, band attiva dagli anni ’80.
Nei paesi di lingua spagnola, quando fai un incidente e distruggi completamente la macchina, la compagnia assicuratrice scrive sul modulo Siniestro Total. La canzone che riprende questo messaggio è Chusma, una parola slang che qui da noi si può riferire ai poveri, ai brutti, quelli del sud, quelli che solitamente, passandoci davanti, non guardi neanche. La tv mostra sempre belle persone, la casa che non hai, la macchina e le cose che non ti puoi permettere. Fanculo loro. Noi siamo poveri, diversi e ne andiamo fieri. Molte persone s’identificano con questo mio modo di pensare perché siamo la maggioranza in tutta la Colombia e questo pezzo è un tributo ad ognuno di loro, di noi

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© Robby Rent,
Bogotà (COL), 2018

La tua famiglia ti ha supportato nel tuo percorso artistico?
«Negativo, in principio non erano d’accordo con quello che facevo. La cultura punk non era diffusa da queste parti e vedendomi con capelli e vestiti particolari erano convinti che fossi pazzo o un criminale. Stessa cosa riguardo ai graffiti: impiegare tempo per uscire in strada con vernici, invece di cercare un lavoro, era considerata una follia. Sai, mio papà faceva parte di un’altra generazione, ha lavorato tutta la vita senza andare a scuola. Ormai non ci sono più da anni ma fortunatamente ho iniziato a viaggiare e a farmi conoscere grazie a quello che dipingevo. Sono riusciti a rendersi conto che ‘ce l’avevo fatta’, dal tempo perso in strada ero riuscito ad ottenere inviti per lavorare all’estero ed erano fieri di me. Forse non riuscivano a comprendere in pieno quello che stavo facendo, ma vedere che la gente apprezzava il mio lavoro li rendeva felici. Ricordo un Natale in cui mi regalarono una maschera per poter dipingere anonimamente, questo a mio avviso è stato uno dei più bei gesti di sempre.

Toxicómano: hay futuro?!
«Sì. E’ una domanda importante. C’è o non c’è futuro? In principio qui in Colombia era difficile crederci, ma ora vediamo una possibilità. Forse è grazie agli accordi di pace coi ribelli, forse ai cambiamenti della società, forse al maggiore potere riservato alle donne… sono tanti forse ma siamo sempre più convinti che la somma di questi segnali siano un auspicio migliore per la il nostro paese. Mi piace molto questa riflessione, estremamente concreta. Spesso la street art lascia messaggi poetici o simbolici, non proprio semplici da decifrare. Questo, invece, è diretto.
Sai, Bogotà è crudele, oscura, a volte ostile. L’influenza punk nei miei muri è molto potente e sempre appropriata. Ho una volontà perenne di condividere contenuti forti e positivi in strada. Quindi: sì, abbiamo un futuro.
Per questo muro ci sono voluti 2 giorni di preparazione, tra la realizzazione del disegno e il tagliare lo stencil su vari livelli. Poi altri 2 per dipingerlo sul muro, in questo caso giorni molto distanti tra loro, perché poco dopo aver iniziato è uscita la sicurezza privata dell’edificio, dicendomi ‘se non vai via immediatamente arriva la polizia’.»

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© Robby Rent,
Bogotà (COL), 2018

Non avevi chiesto il permesso per dipingere?
Certo che no. Ho provato a spiegare l’intento dell’opera, aggiungendo una ricca colazione, ma non c’è stato verso di convincerli.
 Ero riuscito a stendere solamente lo sfondo nero dello stencil. L’unica opzione era andare via e lasciare passare un po’ di tempo, così sono ritornato circa due settimane dopo per finire l’opera. 
Sono arrivato in piena notte, munito di scala per finire il pezzo con tutti i dettagli. É uscita immediatamente un’altra guardia chiedendo cosa stessi facendo, ma questa volta si è dimostrata disponibile e mi ha lasciato terminare il lavoro senza ulteriori problemi. Questa è la street art. Se si chiama così è perché devi lavorare in strada [ride].»

© Robby Rent